ORGANOLOGIA: Research Luigi Digiuni - metadati e lignaggi organologici
Luigi Digiuni (1878-1937): l’uso dei metadati per migliorare la comprensione dei lignaggi organologici Massimo Maddaloni* Giacomo Parimbelli** Lizabeth Jane Hella***
Riassunto Abbiamo formulato l ipotesi che i metadati descrittivi delle misure bidimensionali delle chitarre possano essere complementari ai dati di incordatura ed incatenatura nella denizione dei lignaggi organologici. Abbiamo applicato questo nuovo metodo per inquadrare il lavoro di Luigi Digiuni, (1878-1937) nella cornice della tarda liuteria Cremonese ed Europea. Secondo i dati da noi raccolti, le chitarre di Digiuni mostrano un piano di costruzione unico, se messo a confronto sia con 43 chitarre costruite prima del 1850 che con 51 chitarre costruite da Antonio de Torres e dai suoi epigoni dopo il 1850. Questa scoperta suggerisce che la liuteria cremonese avesse mantenuto capacità inventiva anche durante un periodo che è considerato estremamente decadente ed induce a supporre che echi dell’antica conoscenza liutaria siano in qualche modo stati tramandati per tradizione orale da maestro ad allievo o tra i membri delle gilde. In questo senso è entusiasmante la scoperta che Andrea Guarneri (1626-1698, fondatore della dinastia dei Guarneri), suo nipote Bartolomeo Giuseppe Guarneri del Gesù (1698-1744) e Luigi Digiuni siano tutti nati nel paesino di Casalbuttano. Inoltre, le misurazioni di questa chitarra ed i loro rapporti sostengono una intrigante teoria la quale afferma che i grandi maestri della liuteria cremonese del passato raggiunsero l’eccellenza anche tramite l’incorporazione di parametri numerici, le cui radici si connettono alla geometria pitagorica del suono, nella costruzione dei propri strumenti. Inne, la nostra analisi statistica non sostiene la nozione che alcuni famosi liutai del periodo tardo Romantico, come i Panormo, siano connessi con lo sviluppo della chitarra classica moderna come denito dal lavoro di Antonio de Torres Jurado. Questa ricerca è stata pubblicata su American Lutherie #136 Spring 2019 ed espansa in Liuteria Musica e Cultura (bilingue Italiano-Inglese) autunno 2019.
Parole chiave
Proporzioni armoniche, sezione aurea, spirale di Fibonacci, Organologia, Luigi Digiuni, Liuteria Cremonese.
Introduzione La vihuela, in Italiano “viella”, e la chitarra a quattro cori sono i primi cordofoni accettati come gli antenati della chitarra (Tyler 1980, Kozinn et al. 1984). La vihuela de mano, suonata a pizzico e di solito nella versione a sei cori, apparve ad un certo punto nel XV secolo, e la chitarra piccola a quattro cori apparve qualche decade dopo.
Circa nella metà del XVI secolo, la chitarra a cinque cori fece la sua apparizione, ma non sostituì, la versione a quattro cori fino al XVII secolo inoltrato. Verso la seconda metà del XVIII secolo, in Spagna e in Italia furono create le prime chitarre a 5 e 6 corde da famosi liutai come Ferdinando Gagliano e Antonio Vinaccia, e la moderna accordatura Mi-La-Re-Sol-Si-Mi cantino divenne lo standard.
Con alterne fortune nel corso di tutti questi secoli, venivano usati bordoni per riempire i vuoti percepiti negli armonici naturali.
Infine, i primi decenni del XIX secolo condussero alla chitarra moderna canonizzata dal lavoro di Antonio de Torres-Jurado (1817-1892).
In questo contesto, ci siamo chiesti se l’analisi statistica dei metadati delle misure bidimensionali possa migliorare la comprensione dell’evoluzione della chitarra nella sua prospettiva organologica. La liuteria italiana degli strumenti ad arco ha ricevuto attenzione da tutto il mondo per la sua intima connessione con la grande Scuola Cremonese iniziata con Andrea Amati (1505-1577), passata poi attraverso la famiglia Amati no agli Stradivari, ai Ruggeri, ai Guarneri, ai Bergonzi ed ai Ceruti.
La liuteria cremonese e le sue derivazioni furono prominenti sulla scena europea dall’inizio del XVI secolo no alla prima metà del XIX secolo. Queste dinastie produssero anche notevoli strumenti a pizzico poiché, storicamente, i liutai hanno sempre costruito una vasta gamma di strumenti, al contrario di ciò che avviene ai giorni nostri quando ogni liutaio tende a specializzarsi su un solo strumento o raramente su strumenti strettamente correlati. La storia della liuteria cremonese tra la ne del XIX secolo e le prime decadi del XX secolo è congestionata ed avvolta nel mistero.
È comunemente accettato che entro la ne del XIX secolo, con i Ceruti, la liuteria cremonese improvvisamente decadde. È stato proprio durante questo periodo che fu attivo un liutaio scarsamente conosciuto, Aristide Cavalli (cremonese di origine ma nato nel 1856 ad Alessandria in Piemonte e morto a Cremona nel 1931).
Oltre a creare strumenti di valore sotto il proprio nome Cavalli fondò un’azienda, la Ofcina Monteverdi, dove assunse come lavoranti artigiani che producevano strumenti su larga scala. Molti degli strumenti creati nell’azienda furono firmati da Cavalli.
L’Ofcina Monteverdi funse anche da scuola e alcuni dei migliori studenti furono in grado di firmare i propri strumenti. Un esempio parallelo è lecito con la grande tradizione di Ramirez in Spagna (Madrid) e Monzino in Italia (Milano), nei cui laboratori erano attivi operai che a loro volta sarebbero divenuti grandi chitarrai, tra questi Santos Hernandez e Carlo Filippo Raspagni.
Questo approccio industriale fu probabilmente dannoso per la liuteria d’arte cremonese poiché saturò il mercato facendo diminuire i prezzi (Almansi, 1958). Inoltre, trasmise il messaggio, echeggiato in tutto il mondo, che gli strumenti fatti a Cremona erano economici prodotti di fabbrica. Questa informazione è caldamente dibattuta, e non è né facilmente reperibile né discussa apertamente, ma deve essere dedotta unendo vari pezzi sparsi di letteratura divulgativa.
La pietra tombale per la produzione di chitarre cremonesi venne dalla Spagna, dove un falegname diventato poi liutaio, Antonio de Torres Jurado (1817-1892) rivoluzionò il design della chitarra (Romanillos, 1997). Uno strumento “divino” viene creato dall’incontro di sapienti tecniche manuali del liutaio, materiali eccellenti ed un piano costruttivo di livello superiore. Con riferimento all’ultimo di questi tre aspetti, il piano costruttivo, è stato suggerito che la scuola cremonese dell’età dell’oro incorporasse schemi geometrici, alcuni dei quali erano basati su principi alchemici, radicati nella scuola di Pitagora (Coates 1985, Frignani 2015).
Tra questi principi, c’erano speciche misurazioni correlate ai rapporti armonici e, fatto intrigante, la sezione aurea.
Questa indagine è nata dal nostro desiderio di comprendere se la tarda liuteria cremonese avesse mantenuto capacità di inventiva e, in questo caso, se residui di antichi principi di costruzione fossero ancora conosciuti ed utilizzati in tempi relativamente moderni.
Materiali e metodi Il punto di partenza di questa indagine è stato una rara chitarra (la numero 62 di Digiuni, 1935) con un design unico (Figura 1 riquadri A-D).
La cassa armonica è fatta di abete rosso con la qualità del “legno di risonanza”, che può essere ottenuto solo da una frazione molto piccola di abeti, dotati di un aspetto esterno particolare e che crescono a macchia di leopardo sulle Alpi in determinate condizioni (esposizione Nord-Nord Est, a 1300-1900 metri di altitudine, con una costante ma limitata riserva di acqua).
Il “legno di risonanza” è un particolare tipo di legno che presenta una grana longitudinale estremamente regolare, diritta e parallela (Figura 1 riquadro C). Gli alberi che si qualicano come “legno di risonanza” erano, e ancora sono, tagliati in sezioni radiali e divisi manualmente a cuneo in quarti.
Combinando questa informazione con il conteggio degli anelli sulla cassa armonica, possiamo stimare che l’abete rosso utilizzato per fare questa chitarra avesse un’età di 190-200 anni all’epoca dell’abbattimento. Il fondo e le fasce dello strumento sono stati fatti con legno di noce (Juglans regia), il manico e la paletta con legno di ciliegio (Prunus avium).
La tastiera è di palissandro, il decoro del foro armonico è in legno di noce ed acero, mentre il battipenna è fatto di radica di noce.
La volta posteriore è finemente incurvata a livello dell’incatenatura, che è visibile immediatamente sopra il cartiglio.
Attualmente è una chitarra a sei corde con un bordone.
Tuttavia, in origine fu costruita da Digiuni come una chitarra-arpa con 3 bordoni.
Infatti il ponticello, che è originale, può ospitare 9 corde (Figura 1 riquadro C).
La buca ha una particolare forma a cuore che Digiuni utilizzava nelle proprie chitarre arpa, come mostrato nelle Figure 1A e 3A. Le chitarre di Digiuni sono state denite “pregevoli” (Pacciano, 2014), e questa particolare chitarra, in un esame “in cieco” con files audio digitali registrati in uno studio professionale, è stata valutata migliore sia di una chitarra da studio relativamente poco costosa che di una chitarra moderna di liuteria professionale.
I files digitali possono essere reperiti come informazione supplementare. Le misurazioni hanno seguito lo schema in Figura 1 riquadro E. (Frignani at al. 2015)
Per l’estrazione dei dati è stato utilizzato un campione di 100 chitarre (Grondona and Waldner 2001, Accornero et al. 2008, Frignani et al. 2015).
I dati relativi a 3 delle chitarre Panormo sono stati ottenuti da comunicazioni personali del liutaio Enzo Guido di Mestre, Italia e del Professor James Westbrook di Cambridge, UK.
Tutte le chitarre tranne le Panormo sono state suddivise in due gruppi.
Il primo gruppo conteneva 43 chitarre costruite in Europa tra il XVII e il XVIII secolo, non considerando il numero di corde.
Per semplicità queste chitarre sono qui dette “Barocche”, anche se, tecnicamente, dovrebbero essere definite appartenenti al periodo Barocco-Neoclassico-Primo Romantico. Il secondo gruppo conteneva 51 chitarre costruite dopo il 1850 da de Torres in persona (10 chitarre) o da famosi liutai suoi epigoni (41 chitarre).
Queste ultime chitarre sono più grandi, meno strette al centro e hanno un timbro corposo e una maggiore forza nei toni bassi rispetto alle chitarre Barocche. Riassumendo, sono state utilizzate un totale di 103 chitarre (43 chitarre Barocche, 51 chitarre in stile de Torres, 6 chitarre Panormo e 3 chitarre Digiuni). Una delle fonti bibliograche (Frignani et al. 2015) conteneva dettagliate informazioni sulle misure verticali.
Questo ha permesso agli autori di introdurre nuovi parametri (α e β) che posizionano il centro della buca del suono sulla cassa armonica. Questi parametri sono stati misurati sulle chitarre Digiuni, e sono stati estrapolati da (Frignani et al. 2015) tramite l’algoritmo α = O-(M+W+N+1/2R), β = D-α. Per i lettori che non hanno familiarità con la statistica, qui c’è un modo facile per orientarsi. Nella sezione inferiore della Tabella 1 dove sono mostrati i confronti, focalizziamoci solo sulle lettere “ns” (non signicativo). Dove appare questa sigla signica che in termini statistici non vi è alcuna differenza.
Dove non ci sono le lettere “ns” signica che invece, in termini statistici, esiste differenza. Il testo fornirà i concetti base. Media, deviazione standard e analisi della media sono state calcolate con tecniche standard.
Il concetto di media aritmetica è generalmente conosciuto. La deviazione standard è un parametro che misura la dispersone dei dati attorno ad un valore medio. L’analisi della media ha generato un numero (P) che quantica se e quanto la differenza tra due medie è afifdabile e non causata da fluttuazioni stocastiche. È comunemente accettato che i valori di P uguali o inferiori a 0.05 siano statisticamente signicativi. Sotto certe circostanze un valore P tra 0.05 e 0.1 può essere accettato come poco rigoroso.
Dalla parte opposta dello spettro, un valore P di 0.01 o meno viene considerato molto rigoroso, sostenendo la conclusione che l’ipotesi nulla non sia vera, o in altre parole, che le due medie siano realmente differenti tra loro.
I dati sono stati raccolti da fonti diverse e le misurazioni non erano omogenee in quanto alcune fonti presentavano molte misurazioni, mentre altre erano più succinte.
La tabella riporta la dimensione di ogni campione (n) che è stato fattorizzato per l’analisi statistica.
Risultati
Il design di Digiuni appare inusuale se non unico. Per questa ragione ci siamo domandati
a) se Digiuni avesse sviluppato un piano di costruzione che fosse originale invece di disegni riciclati e
b) se Digiuni avesse incorporato certi disegni geometrici che per lungo tempo sono stati vociferati appartenere all’arsenale dei Maestri dell’età dell’oro. Secondo gli autori, queste due domande rivestono una notevole rilevanza storica.
La cassa armonica della chitarra risuona le vibrazioni delle corde e quindi non vi è dubbio che la sua struttura tridimensionale sia da ultimo causa del timbro del suono. Ciò nonostante abbiamo ipotizzato che le misure bidimensionali della chitarra possano essere utilizzate per assegnare la chitarra a specifici stili di costruzione, senza considerare l’accordatura e l’incatenatura.
Per sondare questa ipotesi abbiamo suddiviso le chitarre pubblicate in in due gruppi come spiegato nella sezione Materiali e metodi, e le abbiamo sottoposte ad analisi.
Il primo gruppo conteneva 43 chitarre costruite in Europa tra il XVII e il XVIII secolo, senza prendere in considerazione l’incordatura.
Per semplicità queste chitarre sono state chiamate “Barocche”, sensu lato come spiegato nella sezione Materiali e Metodi.
Questo gruppo non può essere ulteriormente scomposto in sottogruppi, come ad esempio le chitarre di liutai italiani o spagnoli oppure le chitarre più antiche paragonate a quelle più recenti all’interno di questo periodo.
Il secondo gruppo conteneva 51 chitarre costruite dopo il 1850 Antonio de Torres in persona o da famosi liutai conosciuti per costruire chitarre con lo stile di de Torres.
Considerando che le differenze tra le chitarre Barocche e quelle de Torres sono universalmente accettate, se la nostra ipotesi fosse stata corretta, i due gruppi avrebbero contenuto chitarre con misurazioni relativamente omogenee.
Come conseguenza, i due gruppi avrebbero potuto essere distinti dall’analisi statistica.
Antonio de Torres sviluppò una peculiare incatenatura a forma di ventaglio che non è inclusa in questo studio, che si è invece focalizzato su misurazioni bidimensionali, non considerando i disegni delle fasce e la struttura delle catenature.
La ragione di questa scelta è che i disegni delle catenature non erano disponibili per un gran numero di chitarre e inoltre, mentre alcune chitarre presentano una costante profondità della cassa armonica, altre si assottigliano a passi variabili.
In aggiunta, alcune chitarre hanno il fondo che presenta una leggera bombatura mentre la maggior parte ha il fondo piatto.
Per questi motivi, è difcile tradurre le misurazioni tridimensionali in numeri.
Sebbene la nostra analisi non includa parametri tridimensionali è tuttavia molto dettagliata.
Lo schema che mostra le misurazioni e i loro rapporti è mostrato nella Figura 1, riquadro E. I parametri α e β sono un’aggiunta nuova in questa indagine e li riteniamo rilevanti nel posizionamento della buca del suono sulla tavola armonica.
Abbiamo inoltre formulato l’ipotesi che, in aggiunta alle misurazioni lineari, sarebbero stati rilevanti anche i rapporti tra certe misurazioni e quindi li abbiamo calcolati e tabulati. L’analisi dei dati, riportata nella Tabella 1, mostra senza ombra di dubbio che l’approccio proposto riesce a discernere le chitarre così come esse sono state suddivise a priori.
Infatti i dati dimostrano che le chitarre Barocche, sensu lato, come abbiamo spiegato in Materiali e Metodi, e le chitarre de Torres formano due gruppi separati che possono facilmente essere distinti con un rigore molto elevato (P < 0.0001) da tutti e quattro i parametri (A, B, C, D) della tavola armonica.
Questo è stato un importante feedback che ha convalidato il nostro approccio perché la differenza di dimensioni tra le chitarre De Torre e quelle Barocche è universalmente conosciuta e accettata.
Inoltre, i due gruppi possono essere distinti con la stessa elevata probabilità (P < 0.001) da tutti gli altri parametri eccetto per il rapporto O/D che non ha nessuna inuenza sul suono, poiché è correlato alla lunghezza della paletta. Per trasformare questi numeri in parole, essi signicano che vi è meno di una possibilità su diecimila che le differenza rilevate siano dovute ad una casualità stocastica invece che a una scelta deliberata dei liutai. Secondo la nostra analisi, Digiuni sviluppò una forma di chitarra che è sostanzialmente più larga sia dei modello barocco che di quello di de Torres (parametri A, B, C), sebbene mantenne, e questo è interessante, la profonda sciancratura centrale che è il tratto distintivo delle chitarre Barocche. Infatti i rapporti A/B e C/B non sono signicativamente diversi tra le chitarre Barocche e quelle di Digiuni (P = 0.06 e 0.29, rispettivamente), sebbene gli stessi rapporti siano statisticamente differenti ad un’elevata probabilità (P < 0.0001) se le chitarre Barocche e quelle di Digiuni sono confrontate con le de Torres.
La lunghezza della cassa armonica, D, mostra una situazione inversa, poiché le chitarre di Digiuni hanno un corpo che è signicativamente più alto delle chitarre Barocche (P = 0.0001) ma, nonostante siano più alte delle chitarre de Torres, la differenza con queste ultime non è statisticamente signicativa (P = 0.23). Il rapporto D/C può discriminare con una probabilità molto elevata (P < 0.0001) tra tutti e tre i gruppi (Barocche, de Torres, Digiuni).
Anche il diapason (corda vibrante, δ) e tutti i suoi rapporti correlati (δ/A, δ/B, δ/C, δ/D) raggruppano chiaramente le chitarre Barocche e de Torres secondo le loro origini, sempre con una elevata probabilità (P < 0.0001).
Un’altra osservazione interessante è che, mentre Digiuni incrementò la dimensione della cassa armonica, scelse però un diapason che è statisticamente identico a quello delle chitarre Barocche e statisticamente più corto delle chitarre de Torres.
Nel complesso queste osservazioni rinforzano la nozione che il piano costruttivo delle chitarre di Digiuni fosse veramente unico e, in un certo senso, si ha l’impressione che egli volesse far conuire il passato antico e quello recente nel proprio presente.
Il parametro che più spesso ha fallito nel distinguere tra i gruppi è il rapporto O/D che è stato mantenuto estremamente vicino al valore dell’ottava 1:2 attraverso differenti piani di costruzione e secoli. Questo è stato sorprendente perché, mentre vi è la costrizione di mantenere un rapporto di ottava tra il diapason e la tastiera, gli autori non sono riusciti a trovare alcuna motivazione che costringesse a mantenere un rapporto di ottava tra la lunghezza totale e il corpo delle chitarre.
L’unica conclusione logica è che i liutai abbiano deliberatamente deciso di mantenerlo attraverso differenti stili per ragioni che non sono immediatamente evidenti.
Il design a spirale.
L’aspetto generale delle chitarre di Digiuni è piuttosto unico e molti osservatori commentano mettendo in luce la forma a spirale.
Per questa ragione ci siamo chiesti se le spirali algoritmiche potessero essere un fattore utilizzato nella creazione di questo piano costruttivo. In particolar modo eravamo interessati ad identicare eventuali spirali auree le quali sono spirali logaritmiche il cui fattore di crescita è φ, la sezione aurea o, numericamente, 1.61.
Dopo aver posizionato digitalmente le spirali auree sulla foto della chitarra abbiamo potuto coprire più del 70% del prolo esterno, e virtualmente il 100% del profilo dell’inusuale buca, fatta eccezione per la cuspide.
Anche la spirale di Fibonacci segue il prolo esterno del corpo della chitarra. Questo era atteso, poiché la spirale di Fibonacci è una approssimazione molto vicina alla spirale aurea.
È di primaria importanza sottolineare che la forma di questo tipo di spirali è dettata dagli algoritmi che le generano e quindi non può essere modicata per rientrare in un dato prolo se non cambiando la sua dimensione. In termini di numeri c’è una differenza quantitativa minima nel modo in cui le spirali auree e quelle di Fibonacci tracciano i perimetri ma nella nostra percezione la spirale di Fibonacci segue i contorni in modo più armonioso.
È interessante notare che le quattro spirali di Fibonacci più grandi, due sulla parte superiore e due su quella inferiore sono identiche nella loro dimensione, sono solo spostate lateralmente (Figura 2).
Questa osservazione e un’occhiata generale a come le linee di Fibonacci si intersecano e si fanno specchio le une con le altre, ci ha portati a pensare che Digiuni avesse in mente il secondo principio ermetico, detto “della corrispondenza”: “Come in alto così in basso, come in basso così in alto”.
Successivamente ci siamo chiesti se le osservazioni di cui sopra fossero delle mere coincidenze e fossero originate dalla tendenza intrinseca delle spirali a disegnare contorni curvi. Per testare questa ipotesi, tipi diversi di spirali algoritmiche sono state sovraimposte sulla foto della chitarra.
L’unica spirale algoritmica oltre a quella di Fibonacci che sia in grado di tracciare i perimetri della chitarra per un’estensione ragionevole era la spirale di Archimede, anche se l’estensione del combaciamento risulta considerevolmente inferiore se confrontata con la spirale di Fibonacci.
Il combaciamento visuale della chitarra N° 62 di Digiuni con differenti tipi di spirali algoritmiche è mostrato nella Figura 2. Noi crediamo che il messaggio estetico trasmesso da queste gure sia avvincente poiché, rimuovendo digitalmente la chitarra dalla fotografie, le linee delle spirali di Fibonacci continuano a denire la sua forma totale, mentre le spirali di Archimede e la forma della chitarra appaiono totalmente disconnesse.
La chitarra mostra una leggera asimmetria. Non sappiamo se questa asimmetria sia stata causata dal legno a causa della originale congurazione ad arpa o se sia stata una deliberata scelta nella costruzione della cassa armonica. Quando abbiamo provato a far coincidere differenti gure geometriche, come il “grande cerchio”, il “triangolo di contenimento”, la “griglia” o il “triangolo aureo” (Coates 1985), non siamo riusciti a trovare alcuna forma che coincidesse con la chitarra (dati non mostrati).
Queste osservazioni, prese nel loro insieme, sostengono l’ipotesi che Digiuni abbia deliberatamente incorporato spirali algoritmiche nel design di almeno alcuni dei propri strumenti.
Rapporti armonici
Come riportato nell’introduzione, alcuni ricercatori ritengono di aver trovato le prove che i grandi maestri della liuteria cremonese del passato antico incorporassero principi geometrici e rapporti armonici nella costruzione dei propri strumenti.
Per testare l’ipotesi che alcuni principii esoterici di costruzione degli strumenti musicali siano in qualche modo stati applicati dai liutai moderni, i rapporti tra le misurazioni delle chitarre Digiuni sono stati confrontati con rapporti numerici tra la nota fondamentale ed i suoi armonici naturali in diverse scale musicali.
I dati riferiti alla chitarra Digiuni numero 62 sono riportati in Tabella 2.
Concedendo una tolleranza del 2%, 9 su 11 parametri della Digiuni N° 62 combaciano con il rapporto aureo oppure con i rapporti numerici tra gli armonici naturali e la nota fondamentale nella “giusta scala” chiamata anche “scala armonica” o “scala di Helmolz”. Il rapporto δ/D è appena sotto la soglia di esclusione, 97.9% dell’intervallo di quarta. Se la tolleranza viene resa ancor più stringente all’1%, 6 su 11 parametri comunque combaciano con i rapporti numerici tra gli armonici naturali e la nota fondamentale nella “scala di Helmholz” oppure con la sezione aurea. Una scoperta inaspettata
Questa sezione della nostra indagine è un’ulteriore applicazione dell’approccio analitico che abbiamo elaborato. Abbiamo fatto questa scoperta fortuita mentre cercavamo di far corrispondere il piano costruttivo di Digiuni con chitarre che comunemente sono ritenute essere né Barocche né de Torres.
Alcuni studiosi affermano che nei primi decenni del XIX secolo, il periodo tardo Romantico, alcuni liutai europei stessero costruendo chitarre dalle dimensioni più grandi, modicando i timbri sonori in modo da soddisfare i cambiamenti nei gusti musicali (Morrish 2002). Secondo la teoria attuale queste presunte “chitarre di transizione” non erano più Barocche ma non avevano ancora completato la metamorfosi nello stile de Torres.
Tra i vari liutai che si crede avessero intrapreso questo cambiamento annoveriamo Juan Pages, Josef Pages, Josef Benedid, Josè Recio, René Lacôte ed i Panormo. Per pura curiosità abbiamo introdotto le misurazioni di queste “chitarre di transizione” nell’analisi statistica aspettandoci che si situassero da qualche parte tra il gruppo delle chitarre Barocche e il gruppo delle chitarre de Torres. Con grande sorpresa ciò non si è dimostrato vero.
La nostra analisi statistica mostra come queste presunte “chitarre di transizione” appaiano essere – almeno al nostro livello di analisi – indistinguibili dal gruppo di chitarre assegnate al gruppo di quelle Barocche.
Qui diamo maggiori dettagli della nostra analisi su un sottoinsieme di chitarre costruite dai Panormo (Tabella 1), sebbene le stesse conclusioni possano essere tratte su queste chitarre di transizione come un insieme unico o in sottoinsiemi che non siano quelli delle chitarre Panormo.
Questa dinastia di liutai arriva no a Vincenzo Trusiano (1734-1813) che nel 1759 si spostò da Palermo a Napoli, dove cambiò il proprio nome in Panormo (Πανορμοσ, Panormos, è l’antico nome greco di Palermo). Dove e quando la famiglia Panormo abbia appreso l’arte della liuteria è incerto. Dal momento che esistono restanti strumenti a ato fatti a Napoli da Vincenzo Trusiano-Panormo, esiste la possibilità che la liuteria non fosse l’originale punto forte della famiglia.
Alcuni studiosi ritengono che Vincenzo Trusiano-Panormo abbia imparato la liuteria dalla famiglia napoletana dei Gagliano, il cui fondatore Alessandro Gagliano (166?-1735) affermava nei propri cartigli di essere un allievo di Antonio Stradivari.
La famiglia Panormo si trasferì prima a Parigi e poi a Londra (Westbrook 2013). È stato proprio a Londra che il più rinomato liutaio della famiglia, Louis Panormo (1784-1862) si autoproclamò “L’unico costruttore di chitarre in stile spagnolo” (Westbrook 2013). Poiché un’osservazione superciale delle chitarre Panormo suggerisce che, a parte gli abbellimenti, esse non sembrano essere diverse dalle chitarre Barocche, ci siamo chiesti se il tipo di analisi da noi qui proposto possa confermare o negare l’affermazione di Louis Panormo.
Sono state analizzate sei chitarre Panormo, 5 costruite da Panormo Louis (1828, 1830, 1838, 1840 e 1849) e una fatta da Panormo George Lewis (1868). I risultati dovrebbero essere considerati con cautela data la piccola dimensione del campione disponibile, comunque nella nostra analisi praticamente tutti i parametri raggruppano le chitarre Panormo con le chitarre Barocche con un alto tasso di probabilità (Tabella 1).
Infatti, non vi è alcuna differenza statistica tra le chitarre Barocche e le chitarre Panormo in tutti i parametri eccetto per il parametro O, il quale in se stesso è irrilevante per la qualità del suono poiché può essere modicato dal variare della lunghezza della paletta, ed eccetto il rapporto C/B.
Al contrario, il confronto tra le chitarre Panormo e le chitarre de Torres mostra che esse sono statisticamente differenti con una elevata probabilità, (P < 0.0001) su quasi ogni parametro, suggerendo con forza che non vi è assolutamente alcuna connessione tra l’evoluzione delle chitarre in Spagna e l’opera di Panormo.
Discussione
Luigi Digiuni (1879-1937) fu un liutaio cremonese che è virtualmente sconosciuto al di fuori di un ristretto circolo di esperti (Pocci 2014). Produsse una vasta gamma di strumenti incluso il violetto, che costruì nel 1922 e brevettò poco dopo (brevetto del Ministero dell’Economia Nazionale N° 230-533, 1924).
Il violetto appartiene ad una nebulosa famiglia di strumenti, tra i quali la viola pomposa, il violoncello piccolo, il violoncello da spalla e il violoncino, che erano stati creati per riempire il vuoto di un’ottava tra la viola e il violoncello. Tali strumenti risalgono al XVII secolo, esempio preclaro essendone la viola tenore “medicea” costruita nel 1690 da Antonio Stradivari.
Questi strumenti erano ancora di moda durante la prima metà del XVIII secolo, anche se la loro costruzione si fermò completamente qualche decennio più tardi.
È difcile desumere come Digiuni dopo due secoli abbia recuperato informazioni su tali strumenti e si può supporre che, essendo egli stesso un musicista, avesse notato che certa musica del passato, come la Suite No. 6 in Re maggiore, BWV 1012 di J. S. Bach, era stata scritta per strumenti che non erano né la viola né il violoncello.
Digiuni costruì 3 violetti, uno dei quali è esposto al Museo del Violino di Cremona. Digiuni era ben introdotto nel mondo della musica cremonese del suo tempo e intrattenne relazioni con importanti musicisti e liutai tra i quali Romedio Muncher.
La produzione di Digiuni fu scarsa, di circa 3 chitarre costruite all’anno. Si può evincere ciò leggendo i dati nei suoi cartigli: n° 28 anno 1925 (Figura 3 riquadro A) , n°51 anno 1933 (Figura 3 riquadro B), n°62 anno 1935, n°65 (ovvero l’ultima delle chitarre che si sappiano essere stata costruita da lui, quindi entro il 1937).
Contrariamente a quanto accade per altri liutai che furono attivi nello stesso periodo, abbiamo potuto analizzare come tutte le chitarre di Digiuni siano conformi ad un solo piano costruttivo che generò eccellenti strumenti musicali.
Questa osservazione suggerisce un liutaio che all’inizio della propria carriera ha elaborato piani ben precisi, invece di continuare a sondare una gamma di tante soluzioni diverse. Digiuni sviluppò la sua chitarra d’eccellenza in un periodo in cui il pensiero comune è che la liuteria cremonese fosse scivolata nell’oblio.
Questo periodo è avvolto dal mistero fatta eccezione per qualche informazione sparsa qua e là per lo più su riviste italiane specializzate (Picciano 2014). Sfortunatamente, queste riviste non sono più state pubblicate dopo la metà del secolo scorso, e sono difficili da localizzare in archivi privati e quasi impossibili da consultare.
Le ragioni per cui la liuteria cremonese dopo Enrico Ceruti (1806-1883), l’ultimo liutaio della dinastia Ceruti, sia stata così poco considerata non sono del tutto chiare. Come abbiamo detto nell’introduzione, durante quel periodo la liuteria Italiana stava faticando ad adattarsi ai nuovi requisiti che con tanta efcienza erano stati soddisfatti dalle chitarre di De Torres.
Tuttavia, è certamente difcile credere che la tradizione liutaria, che era fiorita per oltre tre secoli, tutto d’un tratto sia scomparsa nel nulla.
In accordo con questa ipotesi e in accordo con i dati da noi raccolti, questa chitarra manifesta un progetto di costruzione unico se confrontata sia con un gruppo di 43 chitarre Barocche costruite prima del 1850 che con un gruppo di 51 chitarre costruite da De Torres e dai suoi epigoni dopo il 1850.
Questo suggerisce che la liuteria cremonese mantenne una capacità inventiva durante un periodo che è considerato di estrema decadenza. Un ulteriore aspetto che gli autori hanno voluto indagare è la possibilità che Digiuni abbia incorporato nel proprio design delle formule geometriche radicate nella scienza pitagorica, inclusa la sezione aurea.
Questo intrigante aspetto della liuteria Occidentale è dibattuto e postula che la struttura degli strumenti a corda sviluppati tra il XVI e il XVIII secolo non fosse un’arbitraria ed intuitiva forma che tenesse pur conto degli effetti sonori, ma che questi piani costruttivi seguissero un profondo studio e applicazione delle regole della geometria piana e delle proporzioni numeriche.
Nel corso del tempo sono stati sviluppati modelli estremamente complicati della costruzione di strumenti da parte degli Amati e di Stradivari. È nostra opinione che i principi basilari della costruzione fossero relativamente semplici.
È stato spiegato come i violini degli Amati fossero spiegabili in termini di settandaduesimi, e che la loro costruzione potesse essere modicata per costruirne “… tali che riescano di voce umana ossia da concerto, oppure di voce argentina ossia da orchestra…” (Bagatella 1782, Tai et al. 2018 e referenze ivi contenute). Testare se la geometria pitagorica sia stata utilizzata o meno nel design delle chitarre ha posto una serie di problemi, il maggiore dei quali è la mancanza di un metodo per accettare o riutare l’ipotesi principale. Il legno è un materiale da costruzione con caratteristiche peculiari in continuo cambiamento.
In questo studio proponiamo di accettare gli errori contenuti nel 2% di ogni parametro per considerare minori imprecisioni di manifattura, cambiamento del legno dovuto a sbalzi climatici, prolungata tensione delle corde, interazione dei moduli di elasticità tra legni differenti, così come l’invecchiamento del legno ed il suo decadimento (Forest products laboratori. USDA 2013, Nagyvary et al. 2009).
I dati riportati nella Tabella 2 sostengono la nozione che questa chitarra sia stata progettata incorporando le proporzioni armoniche della scala di Helmolz. È nostra opinione che sia difficile credere che la simultanea presenza di così tanti rapporti armonici assieme alla ripetuta presenza di spirali logaritmiche sia una mera coincidenza. Se ciò fosse confermato da ulteriori indagini, vorrebbe dire che alcuni principi esoterici pertinenti alla costruzione di strumenti musicali sono sopravvissuti attraverso gli anni oscuri della liuteria cremonese, probabilmente tramandati per tradizione orale da maestro ad allievo o tra i membri delle gilde.
In questo senso è entusiasmante la scoperta che Andrea Guarneri (1626-1698, fondatore della dinastia dei Guarneri), suo nipote Bartolomeo Giuseppe Guarneri del Gesù (1698-1744) e Luigi Digiuni siano tutti nati nel paesino di Casalbuttano.
Una spiegazione alternativa potrebbe essere che Digiuni inaspettatamente avesse riscoperto tali principi e li avesse adottati. La domanda se la geometria antica abbia giocato un ruolo nella liuteria può essere solo parzialmente rilevante alla costruzione di strumenti di qualità eccelsa, sebbene dal punto di vista euristico crediamo sia sicuramente una questione rilevante.
Anche se l’arte non può ovviamente essere ridotta a meri numeri, l’analisi scientica potrebbe fornire strumenti per comprendere meglio la liuteria, nonché spronare i liutai moderni a percorrere strade non convenzionali per migliorare le prestazioni degli strumenti (Fritz et al. 2014).
Riassumendo, siamo convinti che le misure bidimensionali delle chitarre possano fungere da complemento agli schemi di accordatura ed incatenatura nella comprensione dei lignaggi organologici. L’analisi dei metadati che abbiamo raccolto suggerisce che alcuni dei principi che riguardano l’evoluzione della moderna chitarra classica dovrebbero probabilmente essere rivisti.
Questa analisi si affida ad un campione limitato, ma se fosse confermata su più larga scala, potrebbe completamente ridenire il lignaggio delle più pregiate chitarre costruite nel Regno Unito negli ultimi due secoli.
Infatti la nostra analisi delle misurazioni sostiene statisticamente l’impressione a prima vista che le chitarre Panormo siano di costruzione Barocca e che dovrebbero essere ascritte alla scuola cremonese tramite il lignaggio Stradivari-Gagliano-Panormo.
Confermate indipendentemente, le nostre osservazioni suggeriscono anche che il design delle chitarre de Torres non dovrebbe essere considerato come un’evoluzione delle sopracitate “chitarre di transizione”, poiché l’analisi statistica genera robuste prove a sostegno del fatto che le chitarre de Torres formano un gruppo del tutto separato se confrontate con le “chitarre di transizione” come qui è esemplicato dalla produzione di chitarre Panormo. Un corollario di queste osservazioni è che le chitarre de Torres
a) furono rafnate da Antonio de Torres a partire da tradizioni secondarie oppure
b) furono il risultato di un’invenzione completamente innovativa di de Torres.
Gli autori ritengono che questo tipo di analisi sarà utile a future indagini sui lignaggi organologici.
Ringraziamenti
Gli autori ringraziano il Maestro Lorenzo Frignani, Modena, Italia, per aver restaurato la chitarra Digiuni n°62, per le sue utili discussioni e per aver esposto nel proprio studio la Ref 5, che ha ispirato la presente indagine. La foto di Luigi Digiuni viene dall’archivio privato del Maestro Luigi Zeri di Cremona, ed è stata resa disponibile dal Professor Gualtiero Nicolini di Cremona e dalla Maestra Simona Boni di Modena. Marco e Roberto Scaramuzza di Cremona gentilmente ci hanno dato accesso ai materiali della propria collezione privata. Soprattutto i nostri ringraziamenti vanno alle persone che riuscirono a mantenere questo pezzo di artigianato intatto durante la Seconda
Guerra Mondiale, in mezzo agli scontri tra le milizie fasciste e quelle comuniste, l’esercito tedesco e le Forze Alleate, quando le famiglie erano deportate e la carestia quasi portò questa chitarra ad essere venduta ad alcuni soldati tedeschi in ritirata in cambio di qualche patata.
* University of Florida, Gainesville USA. Corresponding author: maddalonim@ufl.edu
** Founder of the Guitar Association of Bergamo. Italian Guitar Archive. g.parimbelli@alice.it
*** B.M. Piano Performance, Lawrence University, Wellesley College Graduate. lizahella@gmail.com
Legenda delle foto Figura 1. Riquadro A, Luigi Digiuni in una foto scattata tra il 1929 (l’anno in cui la chitarra arpa sullo sfondo è stata costruita) e il 1937. Riprodotta con i dovuti permessi, vedere i ringraziamenti. Riquadro B, la chitarra N° 62 di Digiuni. Riquadro C, il ponte originale con le 9 fessure. Riquadro D, una foto ravvicinata del cartiglio di Digiuni con la sua stessa firma. Riquadro E, schema o misurazioni prese in considerazione per questa indagine, (parzialmente riprese da (Frignani et al. 2015) con permesso. Il parametro P nella foto è qui indicato δ, diapason, per evitare confusione con il valore P dell’analisi statistica. Figura 2. Nella sezione in alto sono visibili le diverse spirali algoritmiche imposte sulla Digiuni n° 62. La sezione in basso mostre le stesse identiche immagini dalle quali la chitarra è stata digitalmente rimossa per mettere in evidenza la denizione del perimetro. Le frecce mostrano dove le linee delle spirali interrompono il contatto con il prolo della chitarra. È evidente come la spirale di Fibonacci e la spirale aurea identichino il prolo della chitarra e come seguano il perimetro per una estensione molto maggiore della spirale di Archimede. Figura 3. Riquadro A la chitarra Digiuni N° 28. Riquadro B la chitarra Digiuni N° 51. I dettagli dei rispettivi cartiglii sono mostrati negli inserti.
Legenda delle tabelle Tabella 1.
Analisi dei gruppi di chitarre in base alle loro origini. La parte superiore della tabella mostra le misurazioni aggregate estrapolate dalle fonti bibliograche citate, come è dettagliato in Materiali e Metodi. La parte inferiore della tabella mostra l’analisi statistica. I valori P > 0.05 sono stati considerati statisticamente non signicativi (ns). “n” indica il numero di osservazioni. La nostra analisi mette facilmente in evidenza le differenze tra il gruppo di chitarre Barocche ed il gruppo delle chitarre De Torres, con valori P altamente signicativi. Il design e il disegno costruttivo di Digiuni non si conforma né alle chitarre Barocche, né alle chitarre de Torres, suggerendo che esse furono create da un’idea radicalmente originale. Inoltre l’analisi raggruppa insieme le chitarre Barocche e le chitarre Panormo con una probabilità molto elevata. Infatti i valori P non statisticamente differenti se non per due parametri. Viceversa, una completa assenza di correlazione tra le chitarre Panormo e le chitarre de Torres è evidenziata da valori P altamente signicativi relativamente a quasi tutti i parametri presi in considerazione. Tabella 2. Le correlazioni proposte tra i rapporti delle misure della chitarra Digiuni N° 62 ed i rapporti tra la nota fondamentale e le sue armoniche nella scala di Helmholz. Le percentuali di differenza tra i valori misurati e i valori esatti sono indicati tra parentesi.
I valori esatti tra la nota fondamentale e le sue armoniche naturali sono elencate sul lato destro.
Bibliografia
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